METEOROLOGIA SINOTTICA
Alcune nozioni sul fohn
Non sempre fohn...le zone sottovento ai rilievi non sempre sono interessate dal favonio, ecco perchè.
E' normale che nei periodi caratterizzati da perturbazioni provenienti da NW le regioni nordoccidentali, che si ritrovano protette dalle Alpi, sono interessate da Fohn. Questo è vero nella grande maggioranza dei casi, ma alcune volte prima che arrivi il vento di caduta succede qualcosa, ed ecco che invece del cielo terso e sereno abbiamo rovesci e temporali, ma come è possibile questo? I fattori che entrano in gioco per valutare se il fohn sarà deciso oppure no sono principalmente due. Il primo riguarda la massa d'aria in arrivo: essa deve avere uno spessore che superi di almeno 1000-1500 metri l'altezza dei rilievi; il secondo riguarda la massa d'aria che staziona sulla Pianura Padana che in alcuni casi, grazie all'isolamento indotto dall'arco alpino, risulta essere molto diversa da quella in arrivo.
Le masse d'aria fredda solitamente hanno uno spessore inferiore rispetto a quelle di origine sub-tropicale ed è anche per questo che raramente riescono a valicare le Alpi portando fenomeni, se non il consueto fohn. Accade talvolta che la massa d'aria in arrivo abbia comunque uno spessore più elevato del solito (e questo può accadere per molteplici fattori) e giungendo a ridosso dei rilievi la parte più elevata in quota oltrepassa la catena montuosa e si ritrova al di sopra di un "catino bollente" come spesso è la pianura dopo periodi soleggiati. In questo modo il diagramma termodinamico dell'atmosfera sulla verticale della pianura subisce una modifica improvvisa con grande contrasto tra il suolo e le quote superiori dove l'aria è troppo fredda: si innescano così violenti temporali. Nella figura è riportato in modo molto schematico il fenomeno; si nota il fronte freddo in due momenti, ovvero prima che raggiunga le Alpi e poi quando l'aria in quota si trova sopra la pianura, che potremmo definire "fronte freddo in quota".
Un'altra condizione perchè ciò si verifichi riguarda la direzione del vento, che non deve essere troppo perpendicolare rispetto ai rilievi, altrimenti l'accumulo eccessivo sul versante opposto alle correnti genera subito il fohn, rappresentato nello schema dall'unica freccia color fuxia.
Seppure in misura minore, questo fenomeno lo ritroviamo anche lungo l'Appennino quando, durante afflussi di aria instabile da NE, sul versante adriatico abbiamo piogge da stau più copiose e continue, mentre sul versante tirrenico durante il pomeriggio possono innescarsi temporali, che migrano dai rilievi verso il mare. Si tenga presente che quanto illustrato si verifica soltanto nel 20% dei casi e principalmente avviene durante la stagione estiva, il rimanente 80% è il classico fohn senza precipitazioni e con cieli tersi, ma anche un 20% di possibilità va preso in considerazione al momento di fare una previsione.
Durante la stagione invernale invece le cose cambiano e la percentuale diviene quasi inesistente, in primo luogo perchè non ci sono i contrasti riscontrabili durante la stagione calda, secondariamente perchè le correnti sono generalmente più sostenute ed innescano subito il vento di caduta sul versante sottovento. Anche lo spessore delle masse d'aria fredda in inverno è minore e diventa così difficile osservare questo fenomeno. Dobbiamo comunque osservare accuratamente la situazione in questi casi, poichè anche se ci ritroviamo sotto ai rilievi, non è detto che il cielo debba per forza essere azzurro!
di Pierluigi Randi di Meteoromagna
ANTICICLONI TERMICI E DINAMICI
Gli anticicloni termici sono costituiti da blocchi di aria fredda e molto densa subsidente negli strati bassi troposferici, sono tipici delle grandi aree continentali (Asia, Canada) nel semestre freddo e portano i massimi di pressione al suolo possibili (rilevati anche 1068 hPa in Russia). Tuttavia a causa della massa d'aria di cui sono costituiti (continentale polare o artica) limitano la loro estensione verticale raramente oltre gli 850 hPa, per cui non si trovano alle quote troposferiche medio-alte dove, se l'aria fredda di cui essi si alimentano è affluita di recente, compare una saccatura polare o artica caratterizzata da valori termici molto bassi. Per cui raramente sono forieri di tempo bello stabile benchè freddo; sovente portano invece intense ondate di freddo con cielo a tratti coperto e con precipitazioni in genere nevose (dipende dalla struttura della saccatura in quota). Gli anticicloni termici possono trarre origine con molta gradualità nel corso dell'autunno allorquando la massa d'aria presente sulle grandi distese continentali tende a perdere le caratteristiche originarie termoigrometriche, assumendo quelle tipiche delle zone suddette, e cioè perdendo capacità igrometrica e raffreddandosi notevolmente (condizioni continentali). Tuttavia lo "starting" vero e proprio per la strutturazione di un robusto anticiclone termico lo si ha quando la colata di aria gelida, sia essa di origine polare o artica, che segue una linea frontale d'irruzione dilaga a ventaglio dietro il fronte stesso adagiandosi col passare dei giorni nelle adiacenze del suolo e ivi mantenendosi intatta.
L'anticiclone dinamico rappresenta un promontorio derivato dalla fascia delle alte pressioni subtropicali semipermanenti che circumnavigano il globo dovute alla circolazione sinottica a grande scala (classico esempio l'alta delle Azzorre o l'alta nordafricana). Essi presentano struttura coerente a tutte le quote, poichè si ha accumulo di massa d'aria dal suolo fino alla tropopausa: ciò accade quando in quota la circolazione passa da curvatura ciclonica ad anticiclonica per cui il vento aumenta di velocità e quindi entra più aria di quanta ne esca (afflusso più intenso del deflusso). Il surplus di massa generato da tale status può venire smaltito soltanto con discesa di aria verso il basso, per cui tutta la colonna d'aria verrà interessata da correnti discendenti e quindi con aumento pressorio significativo. Negli anticicloni dinamici i massimi di pressione sono più marcati in quota che al suolo, perchè è in quota che si ha la massima "iniezione" di massa d'aria (convergenza da eccesso di afflusso). Naturalmente tale alimentazione avviene ad opera di avvezioni calde-secche in risalita dalle aree tropicali per cui anche le temperature saranno proporzionalmente molto elevate in quota che non al suolo. Se la circolazione sinottica a vasta scala è caratterizzata da scambi meridiani alquanto sensibili, con profonde incursioni fredde a latitudini tropicali ed altrettante risalite tropicali in direzione delle aree polari, si possono staccare per cut-off dinamico "bolle" di aria calda in quota dalle precedenti creste anticicloniche; si ha in questo caso la formazione di un anticiclone di "blocco", il quale può presentare caratteristiche di notevole persistenza, specie se di tanto in tanto trova adeguata rialimentazione da successive spinte di aria subtropicale calda-secca.
Se un promontorio dinamico subtropicale si afferma in una vasta distesa continentale in autunno può gradualmente perdere le proprie caratteristiche (cessata alimentazione di aria calda in quota) e trasformarsi lentamente in anticiclone termico a causa del raffreddamento del suolo ed eventualmente per il sequestro di geopotenziale in quota operato dal transito di saccature o vortici polari senza che al suolo vi sia dinamismo sinottico particolarmente consistente.
ASSE DI SACCATURA IN QUOTA
L'asse di saccatura in quota è una linea immaginaria che unisce i punti di maggior profondità della saccatura stessa (nella carta sinottica la zona di maggior "concavità" della saccatura). Il tempo peggiore lo si ha davanti all'asse (ad E di esso), dove in genere si hanno flussi sudoccidentali a curvatura ciclonica e dove vengono a stretto contatto la massa d'aria fredda che sta dietro all'asse (con correnti in genere nordoccidentali o settentrionali) con la massa d'aria calda che caratterizza il promontorio anticiclonico che in genere precede la saccatura. Il tratto che va dall'asse di saccatura in quota all'asse di promontorio (che è la linea che unisce i punti di maggior convessità del promontorio di alta) ad E di esso è quello dove al di sotto tendono a formarsi le depressioni al suolo: il vento in quota passando da una saccatura ad un promontorio aumenta di velocità; è chiaro quindi che aumentando di velocità sfuggirà più aria in prossimità della cresta anticiclonica di quanta ne entri in prossimità dell'asse di saccatura; questo deficit di aria può essere colmato solamente richiamando aria dal basso, la quale comincerà a salire ruotando su sè stessa (e seguendo la legge del windshear positivo) in senso antiorario; altra aria dalle zone circostanti convergerà nell'area dove si manifesta la salita dell'aria stessa che nel contempo crea un vuoto (pressione che cala notevolmente): si forma così una depressione. Succede quasi sempre che ad E dell'asse di saccatura il flusso in quota sia sudoccidentale, mentre nei bassi strati (specie se si forma una depressione) può essere sudorientale od orientale, ecco che quindi si viene a creare windshear positivo (il SW in quota proviene dalla sinistra rispetto al SE al suolo).
CAVO D'ONDA
Il cavo d'onda è una saccatura in quota non molto pronunciata e con concavità meno acuta rispetto ad una saccatura vera e propria; talvolta il cavo d'onda è presente all'interno della saccatura stessa disegnando una leggera ansa nel flusso aereo; è sede di fenomeni d'instabilità in quanto individua un leggero cedimento della pressione in quota con ingresso di aria più fresca ed instabile. Essendo una figura più "aperta" rispetto ad una saccatura classica è piuttosto veloce (più la saccatura è stretta più si muove lentamente) oppure se è inserito in una saccatura principale si muove contornando la saccatura stessa (immagina l'effetto che ottieni facendo schioccare una fune: l'ansa che disegna la fune si muove lungo la fune stessa). In pratica un cavo d'onda è una leggera ansa depressionaria che si protende da una saccatura più consistente e che deriva da essa (spesso è proprio in corrispondenza dei cavi d'onda in quota che si organizzano le linee d'instabilità).
CORRENTE A GETTO
Conosciuta anche come "jet stream" (JS), è una corrente d'aria molto intensa ad asse orizzontale, spessa in media 3 km e larga 500 km, al limite della troposfera (tropopausa), quindi sui 10.000 metri di quota, con velocità anche superiori ai 300 km/h; è originata da una forte differenza di pressione sul piano orizzontale per la vicinanza tra aria fredda e aria calda a quella quota ove si genera il fenomeno della divergenza; ne consegue un calo pressorio e relativa convergenza a livello del suolo, infine l'innesco di moti verticali ascendenti con maggiori possibilità di temporali anche violenti.
La divergenza consiste nella fuoriuscita orizzontale dell'aria ad un certo livello, oppure si verifica quando la quantità di aria che esce è maggiore di quella che vi entra. Si genera ove il vento aumenta di intensità nel verso del moto poiché ciò diluisce orizzontalmente il fluido aria (isoipse diffluenti). La convergenza invece è un accumulo di aria dato dal fatto che la massa d'aria che entra orizzontalmente ad un certo livello è maggiore di quella che esce, oppure è in atto una confluenza di masse d'aria con temperatura e umidità differente dalle zone circostanti nella colonna d'aria presa in esame. Si genera ove l'intensità del vento diminuisce nel verso del moto (isoipse confluenti).
La sovrapposizione di aria secca (specie se associata al getto) su strati di aria caldoumida sottostanti esalta l'instabilità convettiva in quanto, oltre che per motivi dinamici (divergenza), l'aria umida sottostante, invitata a salire di quota, raggiunge la saturazione prima della secca soprastante riscaldandosi ulteriormente per il contributo fornito dal calore latente di condensazione. Ciò spiega come molti sistemi temporaleschi di forte intensità sono associati ad un getto in quota. L'effetto combinato di divergenza in quota + gradiente termoigrometrico sul profilo verticale genera (potenzialmente) i più forti elementi temporaleschi. Ovvio che ad un certo punto l'aria secca tenderà a propagarsi verso il basso, ma ciò avverrà a giochi fatti (postfronte o linea di shear), cioè dopo che i fenomeni si sono già scatenati; aria secca può entrare certamente dissolvendo sistemi nuvolosi eventualmente presenti, ma immediatamente davanti alla linea di separazione saranno promossi nuovi ed intensi sistemi e la macchina convettiva rimane tale e quale propagandosi leggermente a destra del flusso in quota come da copione. Nell'immagine dal satellite nella banda vapore proposta qui sotto infatti si nota come l'aria secca rincorra e segua il sistema convettivo senza tuttavia compenetrarlo (che solo a dirlo rappresenta uno sproloquio fisico).
La divergenza è massima nel settore anteriore destro del "core" (cuore o nucleo) della corrente a getto perchè generalmente il core del getto viene a situarsi in corrispondenza del ramo ascendente di una saccatura in quota (es. il classico caso con flusso ciclonico da SW) nella regione in cui è massimo il gradiente barico a quella determinata quota (ove le isoipse sono più fitte). Ad un certo punto, quando si va in direzione dell'anteriore cresta anticiclonica (che precede la saccatura) le isoipse tenderanno ad aprirsi (diminuisce il gradiente barico) indebolendo il getto stesso. Una particella d'aria posta nell'area ove le isoipse sono più fitte (massimo gradiente barico e core del getto) correrà molto velocemente trasportata dal forte flusso.
Mano a mano che la particella prosegue verso NE avvicinandosi all'anteriore cresta anticiclonica, giungerà ivi praticamente inizialmente con la stessa velocità, dal momento che non riuscirà per inerzia a rallentare pur trovandosi in una zona con minore gradiente barico (isoipse meno fitte). Perciò, arrivata in quella zona, la forza deviante di Coriolis (che dipende solo dalla velocità del vento che come detto prima rimane per inerzia pressochè costante), comincia a vincere la forza di gradiente (che diminuisce). Siccome la forza deviante di Coriolis infonde movimento destrorso al flusso dinamico, la nostra particella d'aria giunta in quell'area tenderà a deviare verso destra e sarà sottoposta a divergenza dal percorso (immaginate di vedere un treno che deraglia verso destra dai binari). Ecco perchè la massima divergenza in quota si ha davanti ed a destra del core del getto: c'entra ancora una volta la forza deviante di Coriolis.
Il Low Level Jet (LLJ) in genere alle nostre latitudini lo si trova in configurazioni depressionarie alquanto barocline tra 1000 e 2000 m, con la superficie isobarica di 850 hPa che può essere considerata come un buon rivelatore di LLJ. La LLJ è rarissimo se non impossibile che risulti più intensa (in velocità) del getto alle alte quote, poichè di solito si sviluppa in situazione depressionarie, e quindi con getti piuttosto sostenuti (se non proprio getti almeno flussi in quota piuttosto intensi). Tende a prodursi nei bassi strati al di sotto della regione ove alle quote maggiori il getto (o flusso dinamico) presenta maggiore divergenza, allorquando afflussi di aria caldo-umida vengono richiamati delle depressioni formate per motivi dinamici. La LLJ favorisce attività temporalesca non tanto per motivi legati allo shear verticale in velocità, ma soprattutto perchè amplifica lo shear verticale in direzione, poichè generalmente tende a provenire dalla destra del flusso in quota (es. SW a 500 hPa, SE ad 850 hPa). Un esempio: la Warm Conveyor Belt (WCB) è un bell'esempio (quando presenti velocità significative) di LLJ ed oltre ad amplificare lo shear verticale in direzione apporta grandi quantità di calore sensibile ed umidità, specie qualora transiti al di sopra di vaste superifici marine. Ecco perchè quasi sempre può esaltare le potenzialità convettive in seno ad una massa d'aria.
DEPRESSIONI TERMICHE IN VAL PADANA
Le depressioni termiche in Pianura Padana sono piuttosto frequenti nella stagione calda e sono determinate dalla scarsa densità nei bassi strati di aria che via via diviene più calda (in quota ci può essere anche alta pressione) e tende a salire di quota; talvolta sono sufficienti (cali barici anche di 4-5 hPa) a determinare una circolazione ciclonica dei venti, richiamando quelli di ESE-SE-SSE lungo l'Adriatico umidi e caldi. Se in quota è presente un promontorio anticiclonico non succede nulla, ma se è presente una saccatura o sta giungendo un fronte la depressione termica invita l'aria caldo-umida a scorrere davanti ad esso, preparando il terreno alla formazione di fenomeni d'instabilità importanti.
FRONTE CALDO ESTIVO
I fronti caldi estivi sono generalmente molto attenuati, in quanto lo scorrimento di aria calda in quota non trova adeguato supporto in aria sufficientemente fredda davanti e sotto al fronte stesso come accade generalmente nella stagione fredda; in ogni caso la sfilata di nubi è la stessa (cirri, cirrostrati, altostrati, nembostrati) anche se può essere difficilmente rilevabile all'inizio poichè l'atmosfera estiva è molto più "sporca" di quella invernale (presenza di caligine e foschie di notevole spessore). In ogni caso più il fronte caldo è consistente (nuvolosità stratificata compatta) più e probabile che il fronte freddo successivo sia intenso per la sostenuta avvezione calda che segue il fronte caldo stesso. Allo stesso modo se la temperatura dopo il passaggio del fronte caldo aumenta sensibilmente ci sarà da aspettarsi l'innesco di temporali prefrontali per il notevole gradiente termico venutosi ad originare. Se in coda al fronte caldo in allontanamento vediamo comparire nubi anche a debole sviluppo verticale significa che l'atmosfera è già potenzialmente molto instabile e saranno probabili temporali prefrontali.
FRONTE FREDDO E LINEA D'INSTABILITA'
Il fronte freddo separa due masse d'aria molto diverse tra di loro: caldo umida che lo precede e fredda e secca che lo segue; essendo una linea di demarcazione molto netta la nuvolosità è alquanto intensa e compatta ed i fenomeni sono in genere piuttosto consistenti; la linea d'instabilità non necessariamente separa la massa calda preesistente da quella fredda successiva; spesso si organizza nell'aria fredda postfrontale ed è quasi sempre originata da ulteriori apporti d'aria fredda alle quote superiori nella parte fredda della saccatura in quota (a W dell'asse); per tale motivo ha nuvolosità meno compatta ed i fenomeni sono in genere più irregolari e meno frequenti, sebbene possano essere intensi, specie nelle ore più calde per maggior gradiente termico verticale dovuto al riscaldamento diurno. In poche parole la linea d'instabilità individua un successivo apporto di aria fredda (specie in quota) dopo il passaggio di un fronte freddo vero e proprio (a volte tra i due passaggi possono passare anche un paio di giorni). Altre volte la linea d'instabilità è semplicemente un fronte freddo indebolito allorquando si muova in un campo anticiclonico (accade spesso ai rami meridionali dei fronti freddi atlantici quando con la parte S entrano nel campo anticiclonico delle Azzorre); in questo caso i fenomeni sono localizzati con preferenza nelle aree montuose di pomeriggio. Nel fronte freddo vero e proprio la nuvolosità ha caratteristiche ben definite, con passaggio di cirri, seguiti da altocumuli castellani e dalla linea dei Cb; nella linea d'instabilità i passaggi nuvolosi sono meno definiti con presenza di cirri sparsi od altostrati che possono essere seguiti dallo sviluppo di Cb non compatti ma distribuiti irregolarmente, sempre a formare una linea ma con ampi spazi sereni tra un Cb e l'altro; inoltre nella linea d'instabilità i Cb si formeranno di preferenza in corrispondenza dei rilievi e nelle zone interne e con minor frequenza lungo le coste e sul mare (tranne di notte dove il mare più caldo della terraferma instabilizza l'atmosfera per apporto di aria caldo-umida dal basso).
OCCLUSIONE FREDDA E CALDA
Un'occlusione fredda è un sistema frontale che si origina allorquando il fronte freddo che è più veloce di quello caldo lo raggiunge determinando il sollevamento dell'intera massa d'aria presente nel settore caldo; quando si origina l'occlusione non si ha più la presenza di aria calda al suolo ma solo in quota. Se l'aria che segue il fronte freddo è più fredda di quella che precede il fronte caldo avremo un'occlusione fredda; viceversa occlusione calda. Col processo occlusivo ha inizio una serie di eventi che portano al graduale colmamento della depressione annessa, poichè i contrasti termici vengono via via a scemare, particolarmente nei bassi strati. Nell'occlusione fredda si hanno piogge diffuse seguite da temporali senza le classiche schiarite da settore caldo (il quale scompare) con rotazione del vento anche di 180° dopo il passaggio del fronte. Nell'occlusione calda i temporali sono meno intensi, mentre le piogge continue ad inizio passaggio possono essere di una certa consistenza, specie nel periodo invernale. Le occlusioni, specie se di recente formazione, portano fenomeni spesso intensi e se si incernierano intorno ad un minimo barico presente ad esempio su Tirreno centrosettentrionale o Mar Ligure possono muoversi molto lentamente circuitando intorno al minimo e compiendo pochi progressi verso levante: si hanno così precipitazioni intense e prolungate, che saranno maggiori se ad est è presente un blocco anticiclonico dinamico.
DRY LINE
La dry-line è un ingresso (a volte frontale) di aria molto secca alle quote superiori, tipica di situazioni postfrontali (la classica linea d'instabilità che transita dopo un fronte freddo). Dopo il passaggio di un fronte freddo atlantico l'aria si raffredda a tutte le quote, ma può rimanere ancora piuttosto umida (specie tra 850 hPa e 500 hPa); nell'evoluzione a seguire, se il flusso freddo persiste, si possono venire a creare linee frontali di aria fredda in quota (con valori termici poco dissimili dai precedenti), ma molto più secca. Ciò è particolarmente vero se al seguito di un ingresso frontale atlantico con flussi nordoccidentali, a causa dell'evoluzione sinottica il flusso tende ad orientarsi da NNE o NE (da dove è più probabile possa giungere aria più secca); ebbene la linea di demarcazione tra l'aria freddo-umida affluita dopo il fronte freddo e quella fredda-secca successiva prende il nome di dry-line (simile ad un secondo fronte freddo di cui però non vi è traccia al suolo). Essa favorisce l'ulteriore sviluppo di linee temporalesche, poichè aria fredda-secca in quota è più densa e pesante dell'aria fredda-umida con conseguente sviluppo di nubi cumuliformi; se poi come spesso accade nelle nostre zone le dry-line entrano con componente nordorientale esse sollevano aria caldo-umida stazionante sul mare generando temporali che a volte sono più intensi (specie di notte) di quelli frontali veri e propri. Il transito di una dry-line è riconoscibile poichè dopo il suo passaggio l'aria diverrà molto più secca anche al suolo (rovesciamento dall'alto) con un aumento pressorio discreto; prima del transito è possibile riconoscerla (come per la goccia fredda) dal veloce ghiacciamento delle sommità cumuliformi, quando un fronte freddo sia transitato in precedenza. Sono piuttosto rare nella Valpadana centroccidentale, molto più frequenti su quella orientale e Triveneto quando attraversano l'Alto Adriatico e possono produrre linee temporalesche discontinue ma con celle a volte molto intense.
GEOPOTENZIALE
Anche il gas "aria", come tutte le cose che siano dotate di massa, è soggetto alla forza di attrazione gravitazionale da parte della terra, per cui se l'aria per qualunque motivo è costretta a salire allontanandosi dal centro della stessa viene spesa dell'energia per vincere tale forza retroattiva; cioè occorre "lavoro". Il geopotenziale è il lavoro necessario per spostare verso l'alto una massa d'aria unitaria. Se è vero che il geopotenziale al livello del mare è nullo, il geopotenziale ad un'altezza x altro non è che il lavoro (energia) necessario per innalzare dal livello del mare all'altezza x una determinata massa d'aria. L'altezza di geopotenziale è una grandezza strettamente correlata al geopotenziale stesso, dividendo quest'ultimo per una costante, ovverossia l'accelerazione di gravità media al livello del mare. In sostanza se l'aria viene fatta salire a circa 5500 m occorrerà una determinata energia per farvela arrivare, per cui la pressione dell'aria stessa sarà di certo inferiore rispetto a quando essa era al suolo. In tal modo vengono rappresentate carte di altezza di geopotenziale alle varie quote in cui vengono tracciate isolinee che uniscono i punti altimetrici in cui si vengono a determinare uguali pressioni a quella quota. I valori che tu noti nelle carte di geopotenziale (850, 700, 500, 300 hPa le più comuni) rappresentano l'altezza in cui trovi quella determinata pressione (cioè geopotenziale = pressione al suolo = lavoro per innalzare la massa d'aria), e quindi sono valori altimetrici (548 = 5480 metri, 528 = 5280 metri ecc.). Le correnti in quota seguono fedelmente le isolinee (isoipse) che chiudono i vari centri di geopotenziale, per cui esse ruoteranno in senso orario nei massimi di geopotenziale ed antiorario nei minimi. I minimi di geopotenziale sono sede di noccioli di aria fredda in quota, poichè essendo l'aria fredda densa e pesante è ovvio che occorrerà maggior lavoro per sollevarla a quella quota e quindi la pressione diminuirà maggiormente. Il contrario accade per i massimi di geopotenziale che sono sede di aria calda (meno energia per sollevarla e quindi pressione che a quella quota rimane più elevata).
LINEE E MESOLINEE TEMPORALESCHE
Con il termine mesolinee si individuano linee temporalesche di limitata estensione, ma molto intense; mentre il termine linea descrive una linea di temporali con risoluzione spaziale più ampia (ad esempio l'intero Nord Italia). Per le mesolinee abbiamo:
a) mesolinee gamma: estensione della linea da 30 a 40 km
b) mesolinee beta: da 40 a 100 km
c) mesolinee alfa: oltre 100 km di estensione
Generalmente tali mesolinee producono temporali violenti che dal basso Veneto in caso di flussi in quota favorevoli giungono sulla Romagna a partire dal ravennate settentrionale provocando spesso danni notevoli.VELOCITA' DEI TEMPORALI E DELLE PERTURBAZIONI
Per i sistemi frontali dipende da due fattori: l'intensità dei venti in quota nella media troposfera (500 hPa è un buon livello guida) e dall'ampiezza della saccatura in cui sono inseriti: più la saccatura è aperta più veloci saranno le perturbazioni (tendenza a correnti tese occidentali senza blocchi anticiclonici anteriori); se la saccatura è molto stretta il ramo ascendente meridionale che sta davanti ad essa tenderà a rallentarne o bloccarne il moto; tale ramo quasi sempre alimenta con aria calda i blocchi anticiclonici anteriori. In caso di cut-off con chiusura di un minimo secondario indipendente dalla saccatura madre, i fronti saranno quasi stazionari invorticandosi su sè stessi. Le velocità sono maggiori in inverno (gradienti barici più forti e venti a 500 hPa decisamente più intensi) e minori d'estate (per il motivo opposto). Nel periodo estivo velocità di spostamento di 40-50 km/h sono classiche (con le dovute eccezioni); d'inverno (o tardo autunno od inizio primavera) si può arrivare anche intorno ai 100 km/h e più. Per quanto riguarda i temporali studi specifici compiuti recentemente hanno dimostrato che i più veloci sono quelli innescati da fronti freddi; ma nello specifico abbiamo:
Fronte freddo= velocità media 30-40 km/h, massima 65-80 km/h con estremi a 115 km/h
Occlusione fredda= velocità media 25-30 km/h, massima 50-60 km/h con estremi a 85 km/h
Linea d'instabilità= velocità media 20-30 km/h, massima 40-50 km/h con estremi a 75 km/h
Goccia fredda= simile a linea d'instabilità
Fronte caldo ed occl. calda= velocità media 25-30 km/h, massima 40-50 km/h con estremi a 60 km/h.
In base alla direzione di provenienza abbiamo:
Da NW= vel. media 40 km/h, max 80-90 km/h con estremi a 115 km/h
Da W= vel. media 40 km/h, max 70 km/h con estremi a 90 km/h
Da N= vel. media 30 km/h, max 55 km /h con estremi a 70 km/h
Da SW= vel. media 35 km/h, max 65 km/h con estremi a 80 km/h
Da NE= vel. media 35 km/h, max 70 km/h con estremi a 100 km/h (colpo di bora)
Da E= vel. media 30 km/h, max 50 km/h con estremi a 65 km/h
Tale studio riguarda l'analisi dei temporali occorsi nel periodo 1985-1990 su Emilia Romagna e Veneto.CUT-OFF
Il cut off di una saccatura significa letteralmente "taglio fuori", ovverossia essa viene isolata dalla depressione principale che l'ha generata, trasformandosi in un vortice ciclonico autonomo che vivrà un'esistenza indipendente. Il cut off può originarsi in due modi:
a) in seno ad una saccatura classica con ad esempio asse N-S avremo correnti meridionali ad E dell'asse e da N a W dell'asse (all'incirca); può accadere che vi sia un notevole rinforzo del flusso zonale su bordo settentrionale dell'anticiclone che segue detta saccatura; se esso è abbastanza intenso tale flusso "taglierà" la saccatura a metà strada circa, interrompendo l'alimentazione dinamica al cavo d'onda (che è per così dire la parte meridionale della saccatura stessa); in tal modo si ha il distacco di un minimo in quota autonomo dalla depressione madre (goccia fredda in quota).
Se la saccatura era sufficientemente intensa da originare un minimo anche al suolo avremo i due minimi (quello al suolo e quello in quota) in asse, cioè sovrapposti uno all'altro: tale sovrapposizione avviene quando, a causa della cessata alimentazione fredda, la struttura perde gradualmente di energia diventando barotropica (minimo al suolo ed in quota in fase o sovrapposti a cut-off già ben avviato); finchè la struttura rimane molto dinamica (saccatura aperta od inizio cut-off, cioè alimentata da aria fredda in quota) il minimo al suolo sarà sempre davanti a quello in quota (struttura baroclina), sintomo di consistente richiamo caldo nella media troposfera sul ramo di correnti sudoccidentali davanti all'asse di saccatura in quota: in altre parole, se la saccatura è ancora alimentata il minimo in quota sta sempre dietro a quello al suolo, dalla parte dell'aria fredda.
Dal momento in cui ha origine il cut-off la struttura ciclonica comincia gradualmente a colmarsi ma lentamente (non è più alimentata da aria fredda); tuttavia rallenta anche il proprio moto ed a volte diviene quasi stazionaria, almeno fino a quando non venga riassorbita dal flusso zonale o da nuove saccature sviluppatesi sul fronte polare. In caso di gocce fredde semistazionarie (da noi talvolta si isolano tali configurazioni su Mediterraneo centrale) avremo la lenta dissipazione della loro energia in più giorni, con tempo che, specie nel semestre caldo, rimarrà instabile per diversi giorni, a causa della presenza di aria fredda in quota. Sono quindi configurazioni che favoriscono il prodursi di giornate temporalesche consecutive, con fenomeni essenzialmente pomeridiani, ma che possono risultare anche molto intensi, specie nelle prime 48 ore di influenza.
b) consideriamo una stessa saccatura come quella di cui sopra: se essa è contratta da un blocco anticiclonico ad E (Balcani ad esempio) e dalla presenza dell'alta atlantica a W (Azzorre) può succedere che tale situazione non sia conservativa; accade talvolta che l'alta azzorriana proietti un promontorio in direzione NE andando a "cercare" la consorella presente su Europa orientale (specie se essa è molto sviluppata verso NNW) tramite rotazione oraria del proprio asse; se l'entità dei due promontori è consistente si stabilirà un "ponte anticiclonico" (abbastanza frequente su Europa centrosettentrionale) con un corridoio in quota che di nuovo "taglia" la nostra saccatura a metà strada circa con isolamento di goccia fredda in quota da cut-off. In questo caso i cut-off sono spesso "retrogradi" (contrari al normale flusso occidentale), trascinati dalla circolazione sul bordo orientale dell'alta atlantica che in tali circostanze sarà all'incirca NE-SW (la cellula anticiclonica atlantica sarà dinamicamente più "forte" del cut-off ed esso si farà guidare da essa). Dopodichè la sequenza degli eventi è più o meno la stessa vista prima. In inverno quando l'elemento sinottico europeo dominante è l'alta russa (dovrebbe...) accade talora che gocce fredde su paesi dell'est vengano pilotate dal flusso orientale verso di noi apportando periodi di tempo freddo e nevoso; naturalmente occorre che in quota esista già una configurazione ciclonica fredda a vasta scala in grado di coinvolgere almeno il versante adriatico con flussi da N o NE e di ospitare la goccia fredda, poichè l'alta russa non trova adeguata corrispondenza alle quote superiori (alta termica continentale); oppure bisogna che sempre in quota sia molto esteso verso NE l'anticiclone atlantico (Scandinavia o paesi baltici) con le stesse conseguenze viste prima.
Fermo restando i processi che portano alle formazione di cut-off che rimangono sempre validi, occorre specificare che il cut-off si esplica generalmente in 2 fasi: nella prima fase si ha il distacco dalla saccatura originaria di un minimo di geopotenziale in quota che tende a chiudersi in un vortice autonomo senza che ci sia stato ancora il distacco del minimo termico (sempre alla medesima quota); in tal caso si parla di tear-off. Allorquando si origina il distacco anche del minimo termico, che in genere si posiziona immediatamente ad W del minimo di geopotenziale (nella prima fase perlomeno), allora si parla di cut-off vero e proprio; in poche parole abbiamo tear-off quando si stacca dalla saccatura il solo minimo di geopotenziale e si chiude; cut-off quando al minimo di geopotenziale si associa anche quello termico (con chiusura).
Tuttavia può aversi la formazione di un cut-off termico (le occlusioni fredde sono spesso supportate da cut-off termici in quota) senza evoluzione in senso dinamico; oppure, più raramente, ci può essere un cut-off termico seguito da quello dinamico (es. 11/08/2001, 18/07/2002). Nella maggioranza dei casi, come detto, il cut-off dinamico (tear-off) precede quello termico, specie nei cut-off di una certa consistenza ed estensione. Non sempre c'è correlazione tra cut-off termico e dinamico; come detto sopra l'evoluzione più frequente è cut-off dinamico (tear-off) ed in seguito termico. Tuttavia si possono avere minimi termici o dinamici non necessariamente correlati tra loro, quindi si può "giungere" alla stessa situazione (minimo al suolo davanti a quello in quota) sia nel caso di saccature aperte (alimentate) sia nel caso di un cut-off prima termico e poi dinamico.
Il cut-off termico altro non è che una massa d'aria più fredda di quella circostante (anche nel corso di avvezioni già fredde) e non determina figure cicloniche chiuse (ovvero a circolazione antioraria) come accade in cut-off dinamici. Un minimo (o cut-off) termico è semplicemente un nocciolo d'aria più fredda di quella circostante trasportato dalle correnti alla corrispondente quota, ma non dotato di circolazione autonoma. Non è figura dinamica, ma solo termica: si immagini una palla da tennis trasportata dalla corrente di un fiume senza che essa ruoti su sè stessa; è però in grado di esaltare i fenomeni temporaleschi, poichè durante il suo passaggio accresce in poco tempo il gradiente termico verticale tramite veloce raffreddamento in quota.
GOCCIA FREDDA
La goccia fredda può essere ricondotta ad un blocco di aria fredda in quota che in genere si stacca per cut-off da una saccatura atlantica o nordeuropea quando un promontorio anticiclonico dinamico si insinua più o meno sull'Europa centrale. Il distacco del cut-off porta sovente la goccia fredda a seguire traiettorie dettate dalla circolazione relativa alla cellula anticiclonica che lo ha determinato e non di rado assume direzione retrograda; ciò vale per le classiche gocce fredde che ci interessano nel semestre caldo (aprile-settembre). Le gocce fredde invernali si distaccano più spesso dalle regioni artiche o polari continentali e vengono portate verso il continente europeo a latitudini alquanto basse se prese dalla circolazione di un robusto anticiclone termodinamico piazzatosi o su Europa centroccidentale (se prevalgono le caratteristiche dinamiche come ad esempio il 13 dicembre 2001) o su Europa orientale (se prevalgono caratteristiche termiche, evento più raro). Un altro tipo di goccia fredda, meno frequente, è dovuta al collassamento in loco di una precedente ciclogenesi (mediterranea), allorquando, cessata l'alimentazione fredda, si ha la sovrapposizione dei minimi al suolo ed in quota (figura sinottica barotropica) con relativo colmamento (lento) della struttura.
In particolare l'evoluzione delle gocce fredde estive che sono all'origine di diffusa attività temporalesca possono essere riconosciute prima che si manifestino i fenomeni; questi segnali sono:
1) cielo di azzurro molto intenso (se non vi è nuvolosità) sintomo di aria fredda presente in quota con profilo termico verticale caratterizzato da un significativo gradiente
2) notevole attività di cumuli castellani o comunque nuvolosità cumuliforme in genere già dalla mattinata
3) presenza di elevato gradiente igrometrico verticale con valori elevati nei bassi strati e minori in quota, soprattutto dal piano isobarico di 700 hPa in poi
4) tendenza a veloce ghiacciamento delle nubi cumuliformi anche quando non sono ancora particolarmente sviluppate
5) venti in quota non particolarmente forti, a volte di debole intensità
6) pressione al suolo su valori medio-alti e comunque mai molto bassa, con oscillazioni che possono raramente oltrepassare i 5 hPa nell'arco delle 24 ore
7) venti al suolo che quasi mai seguono l'evoluzione tipica delle situazioni frontali; d'estate spesso non viene alterato neppure il regime delle brezze
8) nuvolosità più consistente di notte sul mare e di giorno nell'entroterra: infatti in presenza di gocce fredde in quota l'attività nuvolosa è legata essenzialmente all'elevato gradiente termoigrometrico verticale, in cui il riscaldamento dal basso all'origine dello starting della convezione è maggiore di notte sul mare (più caldo dell'entroterra) e di giorno nell'interno (terra più calda del mare) per cui anche l'attività temporalesca seguirà tale schema (in linea di massima).
Tutto ciò vale se la goccia è destinata a dissipare la propria energia in loco, nel caso in cui venga rialimentata dall'entrata in fase con una nuova saccatura allora si ripresenteranno le classiche configurazioni frontali.
Caso particolare: rasseneramenti nel primo pomeriggio
A volte, sulla pianura veneta, nelle giornata instabili con mattinate piene di cumuli o anche congesti, nel primo pomeriggio il cielo rasserena; poi, verso sera, arrivano piogge e temporali. E' una situazione tipica di ingresso di aria fredda frontale o post-frontale che si esplica in 2 fasi allorquando si viene a determinare la chiusura (*) di un minimo a mesoscala che parte dall'alto Adriatico e si muove verso SSE verso l'Adriatico centrale. Nella prima fase avremo correnti fredde e secche da NNW o NW su tutta la colonna d'aria (componente continentale se non addirittura foehnizzata) con scarsi moti verticali; nel momento in cui il minimo si porta verso S comincia il richiamo di correnti da NE o ENE che percorrendo un sufficiente tragitto sul mare spingono aria più umida marittima nell'entroterra (avvezione umida davanti alla dry-line). In tal caso l'ingresso di aria umida nei bassi strati e la permanenza di aria secca in quota (almeno da 700 hPa in su) costituisce uno status termoigrometrico verticale molto instabile se per un qualunque motivo una grossa massa d'aria è costretta a salire (o per motivi orografici o per l'azione di sollevamento dinamico esercitata dalla dry-line stessa) fermo restando la persistenza di aria fredda (oltre che secca) in quota.
Situazioni di questo tipo possono avvenire anche in altre zone, purchè vi sia un cambio sia pure anche lieve della circolazione (essenzialmente negli strati medio-bassi); prendendo come esempio la Lombardia può accadere che dopo una fase iniziale di fohn alpino, subentrino flussi nordorientali od orientali (sicuramente più umidi) con la ricomparsa di fenomeni significativi. In altre parole se negli strati medio-bassi si mantengono flussi molto secchi allora i fenomeni e la nuvolosità saranno assenti (o sporadici se sollecitati dai rilievi), ma non appena il flusso cambia (anche di pochi gradi e per una qualunque causa, sinottica o meno) la situazione muta a volte con sorprendente rapidità.
(*) In alcuni casi, durante il transito di sistemi frontali freddi di origine nordatlantica o nordeuropea, nel momento in cui essi si trasferiscono verso i Balcani, possono lasciare in Adriatico una saccatura aperta (la classica saccatura a V senza che si formi un minimo secondario) in transito verso ESE, oppure in altre circostanze (specie se il ramo frontale freddo non è particolarmente veloce o se vi è elevata divergenza in quota), all'interno della saccatura si viene formare un piccolo minimo secondario, ovvero chiuso (un piccolo vortice insomma). Con il termine chiusura si intende la formazione di un minimo secondario in seno ad una saccatura in transito, la cui origine può anche essere determinata dai rilievi (oltre che per i motivi detti prima).
Caso particolare: convergenza di temporali
Non è possibile che due o più temporali provenienti da direzioni opposte convergano nello stesso punto, giacchè non è possibile che il flusso in quota possa provenire da direzioni opposte nello spazio di pochi km (il level guide per le celle temporalesche si inquadra abbastanza bene nel flusso a 500 hPa). Tutt'al più in situazioni cicloniche o frontali molto strette il flusso può essere fortemente convergente e quindi produrre celle il cui spostamento è tale da ravvicinarle come nei temporali prefrontali da SW e frontali sufficientemente vicini da NW. Perciò, teoricamente, fenomeni di effettiva convergenza a carico delle celle possono verificarsi solo nel caso in cui transiti l'asse di saccatura in quota con ad esempio iniziale SW seguito a breve da NW post-asse: se celle temporalesche si originano subito prima e dopo l'asse di saccatura esse potranno convergere, ma è una eventualità piuttosto rara.
Succede invece che celle vicine (multicelle o linee temporalesche frontali) si espandano notevolmente in larghezza andando a collidere tra loro: in questo caso si avrà l'impressione che due o più temporali convergano verso la stessa zona, ma sarà soltanto l'effetto della rispettiva espansione in senso orizzontale. In tal modo ne risultano notevolmente intensificate le correnti ascensionali e discendenti, specie se fonderanno in unico sistema temporalesco: l'intensificazione dei moti verticali (updraft e downdraft) sembra sia dovuta a maggiore immissione di energia nel sistema in seguito a maggior richiamo di aria calda dal basso per la maggior divergenza in quota (teoria che però necessita di adeguate verifiche).