LA GRANDINE

di Pierluigi Randi di Meteoromagna

Genesi e dinamica della grandine

La grandine si forma solo nel cumulonembo ad incudine (Cb capillatus incus); all'interno di questa nube temporalesca una gran quantità di acqua liquida si trova a temperature negative: si tratta di goccioline sopraffuse (liquide pur in ambiente sottozero) poichè soltanto a -40°C il ghiacciamento avviene in ogni caso. Inoltre in natura esistono particelle come il sale marino o il pulviscolo atmosferico in grado di nucleare cristalli di ghiaccio e che trasportati verso l'alto dai forti updrafts vanno a costituire la parte superiore della nube: questi sono gli embrioni sui quali si svilupperà il chicco di grandine. Nel Cb coesistono quindi cristalli di ghiaccio (parte alta) e goccioline sopraffuse, che sono più abbondanti nella zona intermedia: la concentrazione di vapor d'acqua in equilibrio con le goccioline sopraffuse è maggiore di quella in equilibrio con i cristalli di ghiaccio, per cui le molecole del vapor d'acqua si depositeranno sul cristallo di ghiaccio mediante sublimazione, mentre le goccioline presenti evaporeranno per cercare di ristabilire l'equilibrio: ciò avviene nella parte alta della nube.

Una volta ingrossatosi il cristallo cade all'interno della nube più velocemente delle goccioline sopraffuse e nel suo percorso discendente le catturerà provocandone l'istantaneo ghiacciamento al contatto (meccanismo simile a quello della galaverna): per cui l'adesione di goccioline sopraffuse sul chicco (o embrione) comincerà solamente quando questo scende nella parte intermedia della nube dove la concentrazione di goccioline è massima. A questo punto un nuovo meccanismo entra a far parte della fase di crescita: quando le goccioline sopraffuse si attaccano al cristallo cedono ad esso una parte del calore latente di solidificazione; infatti nel passaggio da acqua a ghiaccio si libera calore. L'embrione perciò si riscalda e può arrivare a temperature prossima a 0°C, mentre nell'ambiente circostante essa è fortemente negativa (-15°C/-20°C); questa è la crescita secca. Poichè ora l'embrione di ghiaccio ha temperatura prossima a 0°C, le goccioline sopraffuse ghiacciano parzialmente e una certa quantità d'acqua viene reimmessa nell'ambiente: è la crescita bagnata.

Le fortissime correnti ascendenti (updraft) e discendenti (downdraft) proprie del Cb fanno sì che l'embrione compia molte salite e discese all'interno della nube: tale fenomeno assume particolare rilevanza nel caso in cui il temporale assuma una struttura ad asse obliquo per la presenza di forti venti in quota, magari associati ad una corrente a getto o a situazioni frontali. Cumulonembi ad asse obliquo che superino i 9-10.000 m di altezza sono una garanzia di forti grandinate, anche se grandine di piccole-medie dimensioni può cadere anche da Cb ad asse verticale purchè salgano a quote interessanti. I piccoli chicchi di grandine che si sono formati nella parte medio-alta della nube verranno trasportati molto avanti dai forti venti andando ad accumularsi nella parte anteriore del sistema; una volta che essi saranno divenuti sufficientemente pesanti cominceranno per gravità a scendere verso il basso, ma così facendo entreranno nella zona in cui le correnti ascendenti sono molto forti.

Infatti nella normale cella temporalesca (non supercella) abbiamo la corrente ascensionale davanti ad essa rispetto alla propria traiettoria con aria calda (updraft) che risale verso l'interno della cella stessa, mentre la corrente discendente (downdraft) è nella parte centrale e posteriore della cella, associata alle intense precipitazioni. Ebbene i chicchi saranno riportati dalla corrente ascendente verso la parte medio-alta della nube e, spinti nuovamente avanti dalle forti correnti in quota, cominceranno a ricadere venendo ripresi dalla corrente ascensionale e così via. Se le condizioni favorevoli sussistono (cella ad asse obliquo con intensi moti verticali indotti dal notevole gradiente di flusso verticale, gradiente termico verticale accentuato nonchè windshear positivo) i chicchi possono compiere diversi cicli come quello prima descritto, ingrossandosi a più riprese per la cattura di goccioline sopraffuse.

Questi processi evolutivi determinano una struttura sezionale a "cipolla" a strati con ghiaccio opaco (bianco, anche perchè vengono conglobate molecole d'aria nella rapida solidificazione) in crescita secca e ghiaccio trasparente in crescita bagnata (perchè il ghiacciamento è più lento a causa del calore latente, quindi la gocciolina permane liquida per qualche tempo): ogni strato rappresenta un nuovo viaggio verso la parte alta della nube. Generalmente (ma non è una regola) più bassa è la temperatura dell'aria alle varie quote più il chicco è bianco e non lucido, come invece avviene quando le temperature sono più elevate (soprattutto alle quote medie): questo dipende dal fatto che il chicco in fase di accrescimento viene rifornito maggiormente di cristalli di ghiaccio (che, come detto, lo rendono bianco ed opaco) quando l'aria è più fredda, mentre in condizioni di temperature maggiori prevale l'accrescimento causato da acqua sopraffusa che lo rende lucido e trasparente. La permanenza dei chicchi in seno al Cb varia da 30 a 45 minuti (e anche più) e gli updrafts possono superare abbondantemente i 100 km/h: in tal caso saranno possibili chicchi aventi un diametro superiore a 5-6 cm.

Chicchi di grandine di 4 cm di diametro con evidente struttura a "cipolla"
Foto dell'autore (28 giugno 2002)

Naturalmente più intense saranno le correnti ascendenti maggiori saranno le dimensioni che i chicchi potranno raggiungere: l'intensità degli updrafts può essere desunta dalla quota che raggiunge la sommità della nube temporalesca. Cumulonembi che raggiungono la tropopausa sono potenzialmente molto pericolosi: occhio alle overshooting top! Chicchi dotati di lobi o punte indicano forti updrafts contenenti molte goccioline sopraffuse: esse, a causa dell'elevata velocità di ascesa, non fanno in tempo ad unirsi per formare gocce più grosse e quindi si depositeranno sui lobi, ingrandendoli.

Grossi chicchi con numerose protuberanze ai bordi indice di fortissimi updrafts
Courtesy Gene Moore www.chaseday.com

L'unico fattore che può interrompere il processo di "sali-scendi" è determinato dal fatto che i chicchi di grandine divengano talmente pesanti da non poter essere più riportati in alta quota dalla corrente ascensionale, con inevitabile caduta al suolo. I chicchi in caduta vengono radunati e si organizzano lungo fasce che seguono i massimi di intensità dei downdrafts che accompagnano la precipitazione. Siccome l'intensità dei downdrafts non è regolare ma pulsante (raffiche), la maggior quantità di chicchi seguirà le più intense raffiche di vento, colpendo fasce relativamente ristrette ed irregolarmente distribuite. Accade la stessa cosa per la pioggia: durante i temporali si hanno diversi apporti pluviometrici in aree anche vicinissime tra di loro.

Poichè correnti ascendenti fortissime presuppongono correnti discendenti altrettanto forti nell'area delle precipitazioni (dinamica + gravità), l'insorgere di violente raffiche di vento all'arrivo del temporale (outflow) è di cattivo auspicio ed è probabile il verificarsi della grandine, specie nella prima fase delle precipitazioni perchè i chicchi sono più pesanti e cadono per primi. Invece la comparsa di grandine nella parte posteriore del temporale è dovuta al fatto che mentre esso transitava sopra di noi non era ancora nello stadio di massima intensità, che verrà raggiunto poco dopo: tuttavia i downdrafts che lo caratterizzano, divergendo nei bassi strati, possono portare raffiche di grandine anche dove il corpo principale della cella è già transitato, e cioè nella parte posteriore. Oppure può essersi formata una nuova e molto intensa giovane cella nelle immediate adiacenze della principale con caduta di grandine. La direzione del vento al suolo ci dirà quale delle due eventualità si è prospettata: se il vento proverrà da direzione opposta rispetto al moto del temporale (outflow della cella ormai matura) ci troveremo di fronte ad intensificazione della cella appena passata; se invece il vento proviene all'incirca dalla stessa direzione di moto della cella transitata (inflow della nuova cella) allora con ogni probabilità si sarà formata una nuova ed intensa cella.

In ultima analisi, la comparsa di torri cumuliformi sulla parte posteriore del temporale indica chiaramente la tendenza a "figliazione" di nuove celle dietro allo stesso per sollevamento di aria più calda determinata dai downdrafts in discesa dalla nube che dilagano verso l'esterno (outflow-gust front). La figliazione di nuove celle può produrre sistemi praticamente "attaccati" alla cella principale, dando l'impressione di rinvigorimento del temporale stesso; del resto col termine "temporale" non si indica necessariamente un Cb solo ma anche la presenza di sistemi multicellari su una determinata area geografica.

GRANDINE NOTTURNA

La grandine è certamente più rara di notte, sebbene sia più esatto dire che lo è nella seconda parte della notte, verso l'alba e le prime ore del mattino. Una ricerca che ho compiuto nella bassa pianura ravennate dal 1970 ad oggi ha dimostrato che la fascia oraria meno a rischio è quella che va dalle 04,00 alle 8,00, mentre le più a rischio sono quella dalle 16,00 alle 19,00 con un secondo picco dalle 22,00 alle 00,00. Alla base di tutto ciò vi è certamente il fatto che nella fascia oraria 04,00-08,00 si hanno normalmente i più bassi valori termici giornalieri che ovviamente si traducono in un minore gradiente termico verticale. Nella prima parte della notte però le temperature possono essere ancora alquanto alte con tassi igrometrici generalmente elevati: in tal caso la formazione di celle grandinigene può avvenire tranquillamente, specie se ad innesco frontale.

Inoltre mentre nel pomeriggio i temporali grandinigeni provengono generalmente dai quadranti occidentali o nordoccidentali, di notte hanno di solito provenienza nordorientale (fronti freddi o dry-lines che interessando i Balcani "strisciano" sull'Adriatico). I temporali che di notte si formano in mare sono spesso grandinigeni: alte percentuali di sale marino che costituiscono la massa d'aria in ascesa sono ottimi nucleatori di embrioni di grandine e se le correnti guida sono nordorientali tali celle possono interessare l'entroterra con eventi talvolta molto vistosi. Quindi si è più al sicuro nella seconda parte della notte ed intorno all'alba; molto meno nella prima parte.

GRANDINE AI TROPICI

La grandine ai tropici è alquanto rara seppure presente. Uno dei motivi principali risiede nel fatto che a quelle latitudini lo 0° termico è posto a quote molto elevate, per cui una notevole porzione del Cb si viene a trovare con temperature positive. Questi Cb "caldi" producono sì forti precipitazioni (coalescenza) ma raramente grandinate, sia perchè è disponibile una minore quantità di goccioline sopraffuse per il processo di ingrossamento dei chicchi, sia perchè una volta formati debbono attraversare uno spesso strato a temperature positive fondendo. In realtà quasi sempre un Cb produce grandine ma molte volte essa fonde prima di giungere al suolo. Se lo 0° termico è a quote elevate e la base del Cb è molto bassa è intuitivo pensare che un notevole spessore di nube si trovi in ambiente a temperature positive e la probabilità di grandine è quasi nulla.

Studi effettuati negli States hanno dimostrato che in Florida si hanno più di 100 giornate temporalesche all'anno ma i giorni con grandine sono pochissimi, in Colorado si hanno invece 60-65 giornate temporalesche molte delle quali con caduta di grandine; si è visto che in Florida lo 0° può trovarsi anche a 4000-4500 m di quota, ma l'aria molto umida che affluisce dal Golfo del Messico (dew point molto elevato) fa sì che le basi dei Cb siano molto basse; si ha quindi molta porzione di nube in ambiente positivo. In Colorado lo 0° termico può trovarsi in caso di forti irruzioni fredde anche sotto i 2500 m, mentre l'aria calda di matrice continentale che vi staziona è alquanto secca (dew point basso). In questo caso la base dei Cb sarà più alta e di conseguenza molta parte della nube si troverà in ambiente a T° negative: ebbene in quelle zone la grandine è frequentissima.

DIFESA CONTRO LA GRANDINE

I danni potenziali che una grandinata può causare sono proporzionati a questi 5 fattori:

  1. dimensione del chicco
  2. velocità di caduta del chicco
  3. durezza del chicco
  4. forma del chicco
  5. orientamento della traiettoria di caduta del chicco

Ad esempio, è possibile che chicchi di grandine molto grossi causino danni minori se questi sono inseriti in forti correnti contrarie rispetto ad altri chicchi più piccoli inseriti in correnti "favorevoli" o in un vento tornadico. Esiste la scala Torro per quantificare i danni cagionati dalla grandine, e fu introdotta nel 1986 da Jonhatan Webb di Oxford, Oxfordshire (U.K). L'intensità di una grandinata si riferisce al danno maggiore che essa ha causato; se i danni non possono essere quantificati (come per la campagna), l'intensità verrà relazionata alla grandezza del chicco e non più al danno potenziale che poteva causare.

La grandine è un fenomeno assai variabile nel tempo e nello spazio ed attualmente esistono tre mezzi per combattere questo dannoso fenomeno meteorologico:

  1. frantumazione del chicco mediante onde sonore prodotte al suolo (cannoni detonanti)
  2. frantumazione del chicco mediante onde sonore prodotte dentro la nube (razzo esplodente)
  3. inseminazione artificiale delle nubi con particelle microscopiche (joduro d'argento)

I cannoni detonanti, che sono quelli di cui si parla e che ancora oggi si vedono in alcune aree, creano onde sonore mediante un emettitore di scoppi a ripetizione ed a salve. Le onde in propagazione da terra verso l'alto (fino a poche centinaia di metri) dovrebbero alterare i processi che portano alla formazione dei chicchi ed alla loro caduta, questo secondo le case costruttrici: peccato che i processi dinamici che danno il via al fenomeno grandine partano dalla parte superiore della nube con la nucleazione di cristalli di ghiaccio da parte dei germi cristallini. Si pensi inoltre che l'onda di pressione generata dall'esplosione del cannone è valutabile in circa 3-4 millibar a 50 metri dal cannone stesso, a 1,5 mb a 100 m, a 0,13 mb a 1000 m, ed a 0,033 mb a 4000 m (nemmeno uno schiocco di dita). Sono pressioni che si rivelano assolutamente insufficienti sia per influenzare la dinamica del cumulonembo sia per causare effetto cavitazione (ovvero una specie di microperforazione del nucleo centrale del chicco in grado di facilitarne una rottura anticipata durante la caduta al suolo mediante "spaccatura" per mancata coesione tra le pareti delle pellicole a crescita secca e crescita bagnata), quindi l'inefficacia è assoluta tenuto conto dell'immane energia che si sviluppa in cumulonembi grandinigeni.

I razzi esplodenti esplodono a circa 2000-2500 m di quota; le onde d'urto prodotte dovrebbero teoricamente determinare uno sfaldamento dei chicchi prima del loro impatto sulle colture tramite il fenomeno della cavitazione. Ebbene esperimenti condotti da enti autorevoli tra i quali l'UCEA hanno dimostrato l'assoluta inefficacia del sistema per due ordini di motivi: la quota di 2000-2500 m è troppo bassa in rapporto alla zona con contenuto massimo di chicchi (tra 4500 e 6000 m ma in rapporto all'altezza della tropopausa; in primavera ed in tarda estate-autunno la quota si abbassa). Ovviamente nel corso della caduta i chicchi andranno ad occupare anche zone più basse della nube, ma sarà già troppo tardi per intervenire per la elevatissima velocità di caduta (gravità + downdraft). Inoltre la pressione esercitata dalla detonazione è apparsa insufficiente a determinare il fenomeno della cavitazione, se non in un numero di chicchi assolutamente irrisorio.

L'unica strada percorribile poteva essere quella della nucleazione artificiale con joduro d'argento che ha un elevato effetto "soluto", in modo da ripartire il collidere delle goccioline sopraffuse o sottoraffreddate (liquide in ambiente sottozero) su un numero di cristalli di ghiaccio superiore a quello naturale (lo ioduro d'argento è ottimo nucleatore di germi cristallini), con formazione di chicchi in numero molto elevato e di piccole dimensioni che poi fonderebbero nella caduta al suolo. Anche questo tentativo però ha dato risultati appena palpabili su celle di moderata estensione ed intensità e nulli su celle grandinigene ad innesco supercellulare (esperimento denominato "Grossversuch IV" con la collaborazione di molti enti europei).

Rimangono quindi le reti antigrandine (con costi ad ettaro molto elevati) o le assicurazioni, ma che comunque coprono almeno una piccola parte del rischio.

 

 

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