Una domenica temporalesca sulle pianure del Veneto
del 29 giugno 2014
a cura di Alberto Gobbi
Nel corso della giornata di domenica 29 giugno 2014 un intenso fronte freddo si avvicina dalla Francia verso l’Italia come si può notare dalla mappa GFS a scala europea alla quota isobarica di 500 hPa (Fig. 1). Si sottolinea in questa configurazione l’apertura “a ventaglio” delle isoipse proprio sul nord Italia, sintomo di “divergenza effettiva” a quella quota (Fig. 2): se in una colonna d’atmosfera si viene a determinare un deficit di aria alle quote superiori per il meccanismo della divergenza, tale ammanco dovrà essere forzatamente colmato prelevando aria dalle quote sottostanti e fino al suolo, in tal modo saranno attivati moti verticali ascendenti, con caduta della pressione in bassa troposfera e formazione di minimi barici associati a convergenze di flussi diversi.
Figura 1
Figura 2
In effetti, sull’Italia settentrionale stava transitando una corrente a getto da sud-ovest sul lato ascendente della saccatura individuata in Fig. 1. Per dare un’idea, su Milano alle ore 14 locali il vento ha raggiunto i 170 km/h alla quota di 12 km. Come anticipato, correnti divergenti così intense alle quote superiori sono causa negli strati prossimi al suolo di convergenze di flussi d’aria caratterizzati da differente provenienza, intensità nonché temperatura/umidità. Nella fattispecie, per le ore 17 locali, vari modelli vedevano una modesta convergenza al suolo sul Veneto centrale tra venti di caduta appenninici da sud-ovest e un flusso sciroccale più umido in risalita dal mar Adriatico (ellisse rossa in Fig. 3).
Figura 3
Salendo alla quota di riferimento di circa 5000 metri, si evince un flusso piuttosto intenso da sud-ovest e assai umido (umidità relativa superiore al 90%, Fig. 4).
Figura 4
Anche il parametro PWAT (Precipitable Water), che esprime il contenuto totale di vapor acqueo della colonna d'aria, è caratterizzato da valori superiori ai 35 mm (Fig. 5), ben oltre la soglia dei 20 mm che denota una sufficiente quantità di vapor acqueo per lo sviluppo di temporali.
Figura 5
Una conferma della previsione del modello, che può essere parificata ad un’analisi visto il ridotto orizzonte temporale (3 ore), giunge dalla lettura dei radiosondaggi di Milano e Udine effettuati alle ore 14 locali (Fig. 6). Si nota innanzitutto la vicinanza delle curve di temperatura e di dew point fino a circa 11 km, quindi aria molto umida praticamente in tutta la troposfera. Il profilo verticale dei venti appare favorevole allo sviluppo di sistemi mesociclonici (SE al suolo, S a 1500 m, SW a 3000 m tendente a W alle quote superiori); in effetti l’indice SWEAT, pari a 310 a Milano e 270 a Udine, costituisce un motivo di attenzione: in genere, i tornado in Italia si osservano nel range SWEAT 250÷350 con qualche caso intorno ai 400 (Temporali e Tornado, ed. Alpha Test, 2009).
Figura 6
I classici indici di riferimento per quantificare l’energia a disposizione dei temporali denotano condizioni sufficientemente favorevoli alla loro genesi: dai radiosondaggi in Fig. 6 risulta un CAPE di 450-500 J/kg e un LI di -2/-4°C. Anche la PWAT, come visto nel modello, ha raggiunto valori notevoli portandosi nel range 30-35 mm. Tuttavia, concentrando l’attenzione negli strati vicini al suolo (Figg. 7 e 8, parte destra), si nota come il CAPE nei primi 3 km fosse pressoché assente sulla pianura veneta e anche il parametro SREH nei primi 1000 metri di troposfera ha assunto valori pari a zero o quasi.
Figura 7
Figura 8
Il temporale in transito tra vicentino ed alto padovano, a giudicare dalle scansioni radar, ha verosimilmente assunto caratteri mesociclonici: in Fig. 9 si nota un accenno di eco ad uncino sul settore meridionale del sistema temporalesco e un evidente V-notch nella sua porzione settentrionale. L’immagine satellitare alla stessa ora (17 locali) mostra la cella sul vicentino in avvicinamento all’alto padovano (Fig. 10): è ben evidente l’estesa nuvolosità di tipo stratiforme che copriva tutto il Nordest, generata dal flusso molto umido attivo in medio-alta troposfera (Figg. 4 e 6).
Figura 9
Figura 10
Figura 11 - shelf cloud della cella visualizzata dal radar in Fig. 9
I vari cacciatori di temporali che hanno monitorato questo sistema da più angolazioni non hanno riscontrato le nubi accessorie tipiche della supercella, in particolare wall cloud e/o funnel cloud (vedi anche Fig. 11). Non è stato osservato neppure un lowering isolato e persistente. E’ doveroso sottolineare che l’ingente quantitativo di acqua precipitabile nella colonna si è tradotto in dense ed estese bande di precipitazione (“rain curtain”) in discesa dal temporale che hanno reso particolarmente gravosa l’individuazione non solo delle eventuali nubi accessorie ma anche della base dell’updraft principale: questo status, unito alla bassa luminosità dovuta al tappeto di nubi stratiformi, ha complicato non poco il lavoro degli storm chasers.
Si ritiene che la convergenza al suolo (Fig. 3) non sia stata sufficientemente “stringente”, uno status che probabilmente ha impedito la concentrazione di vorticità alla base del Cumulonembo e quindi ha bloccato “sul nascere” la comparsa di una wall cloud rotante e dell’eventuale tornado ad essa associato. La rotazione nel temporale è quindi rimasta confinata “ai piani alti” (circa 3000 metri) senza scendere verso il suolo.
Inoltre, l’assenza di un’intrusione secca nella media troposfera sul Veneto (Fig. 4) ha certamente ridotto il gradiente termico e igrometrico verticale, mentre la colonna molto umida ha generato un’estesa nuvolosità di tipo stratiforme e cirriforme (Fig. 10) limitando il riscaldamento del suolo: la concomitanza di questi due fattori probabilmente ha ridimensionato la spinta di galleggiamento complessiva.
In definitiva, considerando le indicazioni dei modelli/radiosondaggi, le immagini radar e quanto osservato “sul campo” dai vari storm chasers, sembra che il connubio tra CAPE ed elicità fosse favorevole all’insorgenza di mesocicloni solamente nella media troposfera (tra 850 hPa e 700 hPa) e che l’energia disponibile alla convenzione (rappresentata sempre dal CAPE) fosse insufficiente rispetto alla “dinamica”, intesa come le forti correnti sud-occidentali nella medio-alta troposfera che di fatto hanno “troncato” o comunque disturbato il pieno sviluppo in altezza delle correnti ascendenti. Prova ne sia l’assenza di grandinate con chicchi superiori ai 2-3 cm.
Comunque sia, sembra che l’incastro di tutte queste variabili abbia generato un’effimera supercella con rotazione anche nei bassi strati sull’area del lido di Venezia, indicata dalla freccia bianca nella scansione radar delle 19.40 locali ove si apprezza un eco ad uncino (Fig. 12) a cui vi era associato un funnel cloud in lenta rotazione (Fig. 13).
Figura 12
Figura 13
Figura 14 - supercella che ha generato il funnel cloud di Fig. 13