PESANTE GRANDINATA NEL VENETO ORIENTALE

del 20 maggio 2003

a cura di Gobbi Alberto
analisi sinottica con il contributo di Pierluigi Randi di Meteoromagna

NB: nel caso in cui non compaia qualche immagine, cliccateci sopra con il tasto destro scegliendo quindi l'opzione "mostra immagine".

ANALISI SINOTTICA E INDICI TERMODINAMICI

Un fronte freddo da NW nella notte tra lunedì 19 e martedì 20 maggio ha attraversato l'arco alpino: al suo seguito l'aria fredda marittima in quota ha originato diffuse condizioni di instabilità esplicatesi con notevole violenza in particolare sulle pianure del Nordest Italia.

NB: l'evento grandinigeno oggetto del successivo reportage si è verificato tra le 14,45 e le 15,00: l'analisi proposta di seguito vuole dare una visione d'insieme che sia il più completa possibile allo scopo di poter meglio comprendere l'interazione fra i vari fattori meteorologici.

Meteosat visibile ore 13 GMT: intensi cluster multicellulari sul Nord Italia

La situazione verificatesi il 20 maggio 2003 rappresenta una condizione piuttosto favorevole alla genesi di celle o mesolinee grandinigene a causa dello status termodinamico verticale: infatti sulla quasi totalità del Nord Italia alcuni parametri soddisfavano le condizioni per possibile grandinate mentre non soddisfavano affatto le condizioni per lo sviluppo di supercelle (infatti non ve ne sono state).

Satellite polare ore 12,07 GMT: meno di un'ora dopo la mesolinea visibile sul padovano colpirà duramente anche il veneziano; notate anche le incudini spazzate verso nord dalla JS

Nello specifico, prendendo in esame il profilo verticale del vento (radiosondaggio di Udine 12 Z), esisteva un buon shear positivo in velocità tra medio-alta troposfera con transito di un buon getto a 250 hPa (alla quota di 10.500 m: 81 nodi da SSW) mentre a 500 hPa (5.650 m) eravamo sui 37 nodi sempre da SSW per cui uno shear di 44 nodi è in grado di sostenere un ottimo updraft una volta che inizi la convezione (in questo caso ad innesco frontale); per lo stesso motivo si sono innescati elementi convettivi ad asse inclinato favorevoli ad attività grandinigena.

NGP: getto polare da SSW con isotachie a 80 nodi (12 Z del 20/05/03)

 

Meteosat banda vapore: notate la traccia lasciata dalla jet stream che va incontro alla cella presente in quel momento (ore 13,30 italiane) sul Veneto occidentale favorendone l'esplosivo sviluppo grazie alla divergenza in quota

Tra media e bassa troposfera invece non venivano soddisfatte le condizioni per sviluppo supercellulare in quanto CAPE, SREH, EHI, shear tra 500 hPa e 850 hPa in velocità e direzione troppo bassi se non negativi, mentre alcuni fattori erano "sostenibili" per sviluppo di MCS (quello emiliano-bolognese della serata), con Lifted Index prossimo a -4°C e BRN intorno a 45.

Guardando alla sinottica più a vasta scala gli elementi principali risiedono nel getto a 250 hPa ed ottima avvezione fredda in quota. Tra l'altro sempre in merito alla probabilità di grandine venivano soddisfatte alcune condizioni iniziali che sono ritenute valide per l'area euromediterranea, come CAPE intorno 1000 J/kg, altezza di Wet-Bulb-0 (dew point nullo) a 2751 m (optimum tra 2100 m e 2700 m) ed uno SWEAT index di 128,24, basso per tornado ma favorevole ad eventi grandinigeni.

Analisi GFS: notte tra il 19 e il 20 maggio 2003 (00 Z)
Pressione a livello del mare, geopotenziale e temperatura a 500 hPa

L'isobara che nella GFS qui sopra si vede entrare da E su Alto Adriatico racchiude un piccolo minimo secondario generato dall'ondulazione del fronte freddo in transito da NW proprio in quelle ore. Queste ondulazioni sono abbastanza frequenti nel caso in cui l'aria fredda postfrontale addossata all'arco alpino trovi via di uscita dapprima dalla valle del Rodano senza indurre Genova Low; il flusso penetrato dal Rodano dirige verso l'arco appenninico entrandovi da W e innescando fohn orografico che, così riscaldatosi, con direzione SW-NE andrà ad incontrare il fronte freddo ondulandolo tramite apporto di aria calda davanti (o a S di esso).

L'avvezione calda in questione origina un calo barico sufficiente a chiudere un debole minimo secondario in seno alla saccatura, con circolazione da NE (circa) a N del fronte e da SW a S; la massima attività convettiva si ha così lungo la linea frontale ondulata o immediatamente a N (ove in quota persiste curvatura ciclonica). In merito allo sviluppo del MCS emiliano, questo è stato chiaramente innescato dal transito dell'asse di saccatura in quota (previsto da GFS intorno alle 20,00 con precisione chirurgica).

Al passaggio dell'asse di saccatura in quota (che nel 90% dei casi avviene dopo il passaggio frontale al suolo) si generano facilmente squall line nella linea di discontinuità di flusso (ovvero quando si passa da WSW prima dell'asse a WNW dopo l'asse, è un po' come se passasse un fronte in quota), e se l'avvezione fredda è significativa si possono sviluppare MCS lineari o circolari (clusters multicellulari) anche potenti, come nel caso in questione.

Segue una Bracknell molto esplicativa riferita alle 18,00 GMT: a quell'ora l'ondulazione è già avvenuta da qualche tempo ed il piccolo minimo chiuso tende già a sfilare verso ESE interrompendo il flusso orografico appenninico.

Analisi al suolo Bracknell ore 18 GMT

 

VAI AL REPORTAGE DEL 20 MAGGIO 2003

HOME PAGE