Un ambiguo temporale sul golfo di Venezia
del 2 luglio 2004
a cura di Gobbi Alberto
Nel pomeriggio del 2 luglio 2004 un particolare sistema temporalesco ha interessato la pianura veneta orientale e il golfo di Venezia nella sua veloce progressione verso levante. Questo articolo vuole evidenziare l'assoluta necessità di far ricorso a più diverse tipologie di analisi dei fenomeni temporaleschi per evitare grossolani errori nella comprensione degli stessi.
La situazione sinottica di quel giorno vede una vasta depressione sull'Europa settentrionale che convoglia nella media troposfera correnti cicloniche umide ed instabili da W-SW.
GFS: geopotenziale a 500 hPa e pressione al suolo
Al suolo è ben visibile una forte convergenza dei venti sull'alto Adriatico che ha certamente favorito il sostentamento del temporale anche in mare aperto.
BOLAM 18Z: convergenza al suolo sull'alto Adriatico
Dal radiosondaggio di Udine 18Z si ricavano i più importanti parametri termodinamici: si evince la presenza di un buon wind shear sia in direzione che in velocità ma scarsa energia termica nella colonna d'aria, questo soprattutto a causa dell'estrema secchezza dell'aria sul piano isobarico di 500 hPa (appena il 4% di umidità relativa).
SRH 220 m2/s2
SWEAT 240
CAPE 0 J/kg
CIN 0
LI 3.8°C
U index 62%
97 nodi di JS a 9895 m di quotaAlle 17,35 dall'entroterra veneziano sono visibili corposi sistemi a multicellula che interessano la pianura veneta centrale con buona attività elettrica: le torri si rigenerano con continuità sul lato occidentale del complesso termoconvettivo e nello stesso tempo scendono leggermente di latitudine. Al suolo soffia un debole vento da NE, associato ad elevata umidità (dew point a ben 22°C) e a foschia più densa del normale.
Ore 17,35: protuberanze sommitali dei cumulonembi
Ore 17,35: protuberanze sommitali dei cumulonembi in fase di ghiacciamento
Il temporale, dopo avermi sfiorato con un debole outflow da NW e con il passaggio della parte distale della flanking line, si porta rapidamente sopra la laguna di Venezia a causa dei fortissimi venti in quota ove inizia una consistente produzione di pileus.
Ore 18,10: il cumulonembo è sopra alla laguna
Sembra che il cumulonembo resti sempre allo stadio di "Calvus" poichè non si nota un minimo accenno alla formazione della tipica incudine. Se ne potrebbe quindi dedurre che il temporale non è riuscito a raggiungere lo stadio di ghiacciamento con conseguente scarsa intensità dei fenomeni.
Ore 18,30: il cumulonembo sembra non riesca a formare l'incudine
Tuttavia il radar dell'OSMER e quello di S. Pietro Capofiume (BO) evidenziano intense precipitazioni anche grandinigene all'interno del temporale.
Scansione radar OSMER ore 16.00 UTC; il colore verde rappresenta l'incudine del temporale
Scansione radar ARPA-SMR ore 15.12, 15.42 e 16.12 UTC (da sx a dx); il colore verde rappresenta l'incudine del temporale
Questa apparente contraddizione si spiega con il fatto che il temporale sotto osservazione ha la corrente ascensionale disposta obliquamente, nel senso che questa piega verso levante all'interno della cella temporalesca; l'incudine non è visibile dall'entroterra veneziano poichè essa è occultata dall'updraft tower. In parole povere, il temporale è visto "dal di dietro".
Satellite visibile ore 16.30 UTC: evidente il temporale ad asse obliquo sul golfo di Venezia con la sua incudine che si estende fino all'Istria
Osservando le immagini doppler si evince una rotazione all'interno dell'updraft tower: il temporale quindi, oltre ad essere ad asse obliquo, comprendeva quasi certamente un mesociclone. A tal riguardo, si ricorda che l'immagine doppler proposta deriva da una scansione effettuata ad un'altezza di circa 1000 m, quota alla quale difficilmente giunge il pieno sviluppo di un mesociclone.
Secondo la maggioranza degli studiosi, infatti, la formazione del mesociclone inizia nella media troposfera (indicativamente, tra i piani isobarici di 500 hPa e 800 hPa) per poi estendersi, se le condizioni lo permettono, in prossimità del suolo con l'eventuale comparsa del tornado o tromba marina.
Nella fattispecie, non si può escludere che il mesociclone abbia avuto vita molto più lunga di quanto ci mostrino la scansioni in modalità Doppler: questo spiegherebbe la notevole intensità della cella (ancora con un grosso nucleo grandinigeno alle 19.20 locali in mare aperto) senza che essa abbia subito fasi di decadimento e di intensificazione (tipico della rigenerazione multicellulare).
Immagine Doppler ore 16.00 UTC: nel cerchio giallo il mesociclone, rappresentato dai pixel rossi (10 m/s in allontanamento)
adiacenti a quelli blu (10 m/s in avvicinamento)Alle 17.20 UTC il temporale ha subito un'ulteriore intensificazione con un grosso nucleo di grandine (macchia marrone)